Immersione sulla faglia di Silfra

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Islanda: “brividi” forti … a caro prezzo!

è questa l’avventura di Mirco Di Niccola, ai confini del mondo, in uno di quei posti che se vuoi cercarli su Google Maps devi puntare il cursore sul “-“ e cliccare almeno una dozzina di volte!

Silfra

Luogo: Fessura di Silfra, presso “Parco Nazionale di Tingevellir (Islanda)
Distanza dal più vicino aeroporto internazionale (KEF): circa 120 Km
Tipo di immersione: Ricreativa con basso livello di difficoltà (adatta a tutti)
Attrezzatura richiesta: nessuna (viene fornito tutto).
Documentazione richiesta: brevetto in corso di validità (PADI, SSI, ecc.)
Prezzo: Elevato (circa 200 Euro)
Spirito di adattamento: medio (bisogna farsi una breve passeggiata indossando l’attrezzatura, circa 400 mt.)
Soddisfazione al termine: massima,

La radice è simile a quella dell’Irlanda ma a cambiare non è soltanto una consonante: qui la birra fa schifo (e sinceramente non ho ancora capito con cosa la fanno visto che a queste temperature non cresce nulla, figuriamoci l’orzo e il luppolo, ndr!) e la lingua è talmente incomprensibile che se Bono Vox &Co. fossero nati da queste parti probabilmente il mondo non avrebbe mai conosciuto capolavori come Sunday bloody Sunday o Walk On!

Premesso ciò, che credo abbia fatto perdere la voglia di spararsi 5 ore di volo (e 2 di cambio fuso, ndr!) anche al più appassionato dei geologi, o di romanzi di Julius Verne (sì, il suo Viaggio al Centro della Terra parte proprio da qui!), l’Islanda è un posto dove se dici che sei stato i tuoi amici inevitabilmente ti chiederanno. “…e com’è?”.

Mirco Di Niccola, sulla faglia di Silfra.
Mirco di Niccola, pronto all’immersione sulla faglia di Silfra.

Se poi aggiungi che ti sei immerso in una faglia all’interno dell’unico loro parco nazionale inserito dall’UNESCO tra i patrimoni dell’umanità è probabile che pur di farti raccontare i dettagli siano disposti a pagare loro il prossimo giro di birre, irlandesi però!
Ulteriore premessa: l’Islanda, come i cugini d’oltre-Baltico, è nell’Unione Europea. Solo che, dopo essere andata un paio di volte in default (esatto, proprio quello che rischiamo anche noi a governi alterni!) hanno deciso di continuare a fare di testa loro e la moneta è, tutt’ora, la svalutatissima “Corona Islandese”. Attenzione però, perché il fatto che il cambio Euro/ISK non venga riportato in nessuna pagina de “Il Sole24Ore” non vuol dire che potete accenderci i sigari una volta atterrati a Keflavik (l’anonima cittadina dove ha sede l’aeroporto internazionale ricavato da una ex-base aeronavale statunitense dei tempi della guerra fredda), anzi dovrete stare attenti a leggere bene cosa c’è scritto su ogni etichetta degli scarni souvenir che non potrete fare a meno di acquistare per dimostrare che qui ci siete stati (sono comunque tutti “Made in China”, ndr!) o al lato degli incomprensibili nomi dei piatti che vorrete gustare nei pub stile vichingo nei quali inevitabilmente dovrete entrare e sedervi per evitare di rimanere assiderati.
Questo perché, essendo tutto d’importazione (compresi i souvenir) e poiché gran parte del PIL deriva proprio dal turismo, qui gli esercenti, e lo stato, vi sembrerà che vi guardino in una maniera così predatoria da far apparire i ristoratori liguri come dei filantropi.

Non fanno certo eccezione quelli che hanno capito che, se volevano rendere appetibile una landa così gelida, ventosa e povera di birra artigianale come questa, dovevano puntare su qualcosa di diverso dal para-glinding o dal pub-crawling.

Faglia di Silfra, il punto dove si scende in acqua.

Per cui, ecco che, tra un pub stile vichingo ed un negozio di souvenir cinesi, fioccano le agenzie che offrono i tour più improbabili: dalla scalata al ghiacciaio alla discesa nel cono di un vulcano (non più attivo ovviamente). E così che, tra uscite in barca che garantiscono il 70% di possibilità di avvistare una balena e notti da trascorrere all’agghiaccio nell’attesa di vedere l’aurora boreale (qui la percentuale scende al 25%, ndr!), ecco spuntare la possibilità di soddisfare anche il subacqueo più esigente.
Sì perché, potrete anche conoscere corallo per corallo tutto il reef di Sharm-El Sheik o saper enunciare in ordine alfabetico tutti gli atolli delle Maldive ma ciò che vi concederà, gratis, il terzo giro della doppio malto preferita da The Edge sarà solo dichiarare alla vostra community di azotati che Voi vi siete immersi oltre il 66° Parallelo Nord.

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La fagli di Silfra vista dalla superficie.

Il posto si chiama “Fessura di Silfra” e si trova all’interno del parco nazionale di Þingvellir (si pronuncia Tingvellir, perché quella specie di “P” il vostro Iphone la riconoscerà come una “T”, ndr!) ed in un’oretta e mezza di auto dalla Capitale, o se preferite 2 ore dall’aeroporto, ci arrivate.

La leggenda vuole che si tratti della faglia che esiste tra la placca euro-asiatica e quella nord-americana, secondo appunto la teoria della tettonica a zolle (tanto cara alle professoresse di geografia delle scuole medie). Solo secondo la leggenda però, perché per la geologia la faglia si troverebbe da qualche altra parte qui vicino, molto meno pratica da raggiungere.
Dettagli “da Quark” a parte, una volta messa la testa sott’acqua si ha davvero l’impressione, come dicono le guide, di nuotare tra 2 continenti; ma andiamo per gradi.

Abbiamo detto che ci vogliono circa un paio d’ore, ed una buona dose di pazienza nel decifrare quei geroglifici che troverete sulle indicazioni stradali, per giungere in un parco che, in effetti, è molto bello (somiglia vagamente alle valli trentine, ndr) e soprattutto molto ben tenuto.

Dopo di che troverete ad attendervi un paio, ma durante la stagione estiva mi hanno detto ne arrivino a frotte, di furgoncini strapieni di dry-suits e mono-bombola caricati a 200 atmosfere, guidati da biondissimi discendenti di Erik che, in un inglese perfetto, vi spiegheranno come indossare quel moderno scafandro senza togliervi le vostre Timberland nuove di pacca e come inerpicarvi dal parcheggio su per il sentiero sino ad una lucidissima scaletta di alluminio che vi farà “immergere” nell’impresa che racconterete ogni volta che avrete sete!
Non prima però di avervi sottratto un numero di Corone tali da raggiungere la ragguardevole cifra di circa 200 Euro (che però scoprirete solo dopo andando a curiosare sull’applicazione di “XE.com”, ndr!).
Detto ciò l’immersione è imparagonabile a qualsiasi altro tuffo che avrete fatto o farete, a meno che non siate dei cave-diver esperti di “cenotes messicani”.
Si scende, dicevamo, per una comoda scaletta che vi da il tempo di ambientarvi alle basse, anzi bassissime, temperature dell’acqua, che qui raramente superano i 3° C e che vi faranno capire che “stagna” non vuol dire necessariamente resistente al freddo.

Una volta messa la testa sott’acqua e provato un intensa sensazione di bruciore alle gote, l’unica cosa che non avrete coperto, vi si aprirà davanti il fondale più semplice ma al tempo stesso più straordinario che potreste immaginare. Due pareti rocciose separate da pochi metri e che scendono vertiginosamente sino quasi a sfiorarsi nella massima profondità consentita per le immersioni ricreative, ovvero 18 mt. (tranquilli, comunque che la faglia si chiude a circa 40 mt., ndr!).

Ma ciò che più meraviglia è la visibilità, inimmaginabile a queste latitudini. L’acqua è così limpida che potrete scorgere pinneggiare quei 2 che avete visto immergersi 10 minuti prima di voi.

L’assenza di flora e fauna poi rende tutto, nonostante la luce, non poco spettrale e, mano a mano che proseguite lungo il percorso che Erik XVI vi ha spiegato (e che avete trovato impresso almeno in un paio di cartelli lungo il sentiero, ma a cui non avevate dato credito persi a maledire il peso di tutto quell’acciaio sulle spalle) proverete sensazioni contrastanti. Da una parte, lo stimolo che proverrà dal vostro basso ventre vi spingerà a nuotare il più veloce possibile per evitare di dover pagare un extra per aver sporcato una muta che, occhio e croce, costa, in corone islandesi, quanto 10 paia delle vostre scarpe da trekking sul Nanga Parbat. Dall’altra, la voglia (e la necessità, visto quanto avete sborsato, ndr!) di prolungare quell’emozione unica, vissuta a migliaia di chilometri di distanza da dove i vostri assetati compagni di azoto sono soliti immergersi, vi chiederà ancora un piccolo sforzo per coprire i circa 800 mt. che vi separano dalla seconda lucidissima scaletta, quella di uscita (per arrivare al bagno, un po’ meno lucido quello, vi ci vorranno un’altra dozzina di imprecazioni mentre percorrete, a piedi, di nuovo il sentiero sino al furgone di Erik XVI).

Lungo quel chilometro scarso di acqua cristallina e fondali spettrali, alla fine però vorrete tornarci e così, quando scoprirete che in realtà avete pagato per due immersioni (cioè 100 Euro cadauna quindi, ndr!), perché qui si usa così, forse vi sentirete meno polli.
Sarà un piacere rivivere, dopo esservi scaldati un po’ al sole, anche se il vostro orologio segna le 23:45, quelle emozioni contrastanti di qualche minuto prima (anche se vi consiglio di accertarvi di avere la vescica bella scarica stavolta!). Cercherete di fissare bene a mente ogni piccolo particolare, sfumatura di roccia o raggio del sole (di mezzanotte, ndr!) che filtra attraverso quelle acque limpide. Così da arricchire il vostro racconto ogni volta di un piccolo dettaglio in più, di modo da scroccare, agli invidiosi astanti, un’ultima birra, fredda come la Fessura di Silfra.

Mirco Di Niccola

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