La Skandalopetra: dai fondali greci a quelli liguri

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La nostra Petra, in marmo, da 11kg di peso.

 Finalmente ci siamo riusciti! Domenica scorsa abbiamo inaugurato la nostra “petra”.

 Realizzata quest’inverno dopo un lungo consulto fatto di telefonate, foto, schizzi, dopo averla portata per mesi avanti e indietro sul gommone, domenica scorsa assieme a “La Tribù” siamo riusciti finalmente ad utilizzarla in mare.

 Appena fuori Portovenere, in una giornata caratterizzata da un mare cristallino dalla temperatura dell’acqua più che accettabile (23 gradi) io e Alessandro ci siamo lanciati con tanto di petra tra le mani con la nostra fotografa e safety diver posta sul fondo (Ilaria Gonelli).

 Ad essere onesti, non sono mancati i problemi…in primis la titubanza, visto il peso della nostra petra (11kg) che credevamo ci avrebbe portato ad impiantarsi sul fondo, la fortissima corrente, che ci ha fatto disegnare degli archi più che una pulita e verticale discesa verso il fondo, nonché il costante terrore di centrare in pieno la nostra safety, tanto che il “colauzeris” di turno, (l’assistente in barca) guardava con apprensione se le bolle della nostra Ilaria continuavano ad arrivare regolari in superficie…abbiamo affrontato così i primi tuffi senza quella tranquillità emotiva necessaria per questo tipo di sport!

 Solo dopo 4-5, avendo provato assetti, tuffi di partenza, posizioni delle mani sulla petra, posizione del tappanaso, siamo riusciti a concluderne un paio in maniera ottimale!

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La bella fotografia al sottoscritto della bravissima Ilaria Gonelli.

Ora non resta che riprovare…spostandoci su fondali più fondi! Magari passando prima da un set in acque basse per appagare il nostro ego fotografico, altrimenti a cosa serve avere una fotografa personale??

Per chi non conoscesse la Skandalopetra, anche se ero sicuro di aver già scritto un post a riguardo, ecco qui uno stralcio di un articolo che realizzai per una rivista un po’ di tempo fa ed alla fine, un video originale realizzato sul finire degli anni ’60.

Antichissima tecnica di pesca diffusa nel mar Egeo sin dai tempi di Alessandro Magno, restata viva sino all’inizio degli anni ’60 con l’avvento della nuova tecnologia (bombole, narghilè), solo in tempi recenti ha visto un suo rilancio a livello planetario…

La skandalopetra non è altro che un tipo di pesca alle spugne che si effettuava con una pietra in marmo o granito dal peso variabile, compreso tra gli 8 ed i 14 Kg e vincolata all’imbarcazione appoggio da una cordicella.

La pratica di questo tipo d’immersione, è stata considerata la più sicura in assoluto, secondo numerose statistiche, proprio per le caratteristiche che presenta(va):
II consumo di ossigeno è minimo, visto il ridotto numero dei movimenti; in una immersione simile non sei mai da solo: serve infatti un compagno per dare e tirare la cima con la pietra; la cima, ogni cinque o dieci metri, è sempre segnata, così da conoscere in ogni istante la profondità dell’apneista; in qualsiasi momento poi si può abbandonare l’immersione lasciando la “petra”, dove, giunti sul fondo, con due-tre strattoni decisi, il colauzeris, (l’assistente in barca), può ritirare in superficie l’apneista.

 

Nell’antichità, i pescatori greci, praticavano addirittura la “xemixiasma”, un metodo crudele e molto doloroso per la rottura dei timpani, processo che rendeva tuttavia più facile l’immersione ed un risparmio in ossigeno non avendo appunto, il problema della compensazione.

Senza dubbio, per noi italiani l’immersione con skandalopetra più nota è quella di Gheorgios Haggi Statti che il 14 Luglio del 1913 recuperò l’ancora persa dalla nave della Regia Marina Militare Regina Margherita a 83 metri di profondità. Diversi atleti di primo piano hanno reso omaggio a questo tipo di immersione, tra cui Umberto Pelizzari. Nel settembre del 1998, nella baia di Karpathos, proprio dove Satti recuperò l’ancora della nave, scese a -100 metri con una scandola di 7 Chilogrammi indossando solamente il costume ed un tappanaso.

L’immersione di per sé non è complicata e la petra può essere facilmente “guidata”, infatti, inclinandola leggermente, possiamo decidere dove “atterrare” inoltre, possiamo regolarne la velocità: tenendola con le mani poste sul bordo esterno, la velocità sarà bassa, con le mani a metà velocità media, mentre, tendendola per il bordo posteriore, si scenderà molto velocemente.

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